sabato 12 aprile 2014

Il bite è una soluzione temporanea?

Articolo del dr. Pietro Silvestrini Biavati (Genova)
 
Molto spesso pazienti gnatologici e gli stessi Terapisti della riabilitazione, formulano questa domanda ai gnatologi. Per cercare di spiegare come normalmente funziona un bite, è necessario capire dove questo opera.


Il bite o splint (con tutte le accezioni del caso) viene inserito fra le arcate dentali, poco importa che sia superiore od inferiore. Esso è uno strumento rigido che non permette alcun movimento ai denti a cui è agganciato. Inoltre, per la sua morfologia non dovrebbe generare spinte anomale sui denti antagonisti e quindi movimenti ortodontici.
Se questi si generano, sono effetti collaterali da evitare, in quanto la reversibilità del bite è un aspetto imprescindibile della sua terapia.


Spesso se si creano spostamenti dentali (normalmente estrusioni) o dei denti posteriori o peggio di quelli frontali, vengono generate interferenze più gravi della partenza, rendendo ancor più difficile la terapia.

Quindi, già in questo preambolo possiamo notare che il bite non fa terapia sui denti.

Ma allora come funziona? 

Il bite (morso in inglese) appunto, determina una nuova occlusione fra i denti, cioè un nuovo rapporto mandibolo cranico. Per dirla in modo semplice, il bite riposiziona la mandibola in una nuova posizione, cioè in avanti, di lato, in dietro, più aperta ecc. Questo riposizionamento si rende necessario per diversi motivi.

  • Il primo potrebbe essere per evitare precontatti dannosi, come ad esempio un dente più alto degli altri che crea una grossa interferenza (spesso i denti del giudizio).
  • Una seconda potrebbe essere per evitare il contatto serrato fra i denti anteriori superiori ed inferiori, che se presente, scatena il riflesso incisale che tira la mandibola indietro nel tentativo di evitare il precontatto (frequente nei morsi coperti e nelle seconde classi II).
  • Una terza potrebbe essere per chiudere spazi interdentali che obbligano la lingua a sigillarli durante la deglutizione, generando così una deglutizione atipica e un problema gengivale ai denti contigui.
  • Una quarta potrebbe essere la necessità di ricentrare una mandibola scivolata di lato per una occlusione non corretta, o per la perdita dei denti da quel lato, o ancora per lavorazioni odontoiatriche incongrue.
  • Una quinta, ancora, potrebbe essere la necessità di praticare una distrazione condilare, ovvero cercare di ricreare uno spazio fisiologico fra condilo e fossa, per permettere al menisco di non essere più compresso e per cercare di ricatturarlo nella posizione fisiologica (tipico di chi ha perso denti posteriori e gli ultimi molari si sono piegati in avanti perdendo altezza (dimensione verticale).
  • Una sesta opzione potrebbe essere la necessità di ricreare guide dentali perse nei digrignatori per ottenere un duplice effetto: far smettere di digrignare e/o ridurre il consumo dentale nel bruxismo.
  • Ancora, il bite, potrebbe essere costruito con un insieme di questi fattori per una terapia più complessa. 

Tutte queste applicazioni non devono prescindere da un corretto equilibrio muscolare, in quanto sono proprio i muscoli contratti in modo asimmetrico che hanno creato queste patologie.

ESEMPIO:
Detto questo prendiamo un paziente tipo. Il sig. Rossi presenta una deviazione della mandibola a destra. Aveva perso 10 anni fa alcuni denti da quel lato che non ha sostituito. Dopo 5 anni, i denti rimasti si sono spostati, piegandosi in avanti e perdendo dimensione verticale: la mandibola si è spostata verso quel lato. Decide di mettersi i denti e va dal dentista che realizza un ponte in quella posizione, da noi detta abituale. Dopo altri 5 anni compare un click articolare, magari dei dolori in regione scapolare e cervicale, frutto dell’adattamento che è piano piano scivolato in patologia.
Il sig. Rossi va allora dallo gnatologo che realizza un bite (di riposizionamento) che ricentra la mandibola, toglie la compressione articolare, normalizza la muscolatura masticatoria. 

Quanto, secondo voi dovrà portare il bite?

  1. fino alla remissione dei sintomi
  2. per 6 mesi dopo la remissione dei sintomi
  3. tutta la vita se non interviene sui denti
  4. solo la notte per due anni



La risposta giusta è ovviamente la "3", in quanto se il problema causativo erano i denti malposizionati a destra, sui quali è anche stato fatto un ponte, l’unica terapia risolutiva sarà rifare il ponte in modo che ricentri la mandibola e ripristini l’altezza mancante. Se il sig. Rossi non lo farà, si troverà nella situazione che con il bite è a posto, sta bene, mentre quando lo toglie ricade nella patologia. Visto che non si può mangiare sul bite, proprio per la masticazione dovrà toglierlo e proprio in questi momenti si avrà la massima sollecitazione al menisco già malandato.
 
Dobbiamo tenere ben presente che il bite non modifica le arcate dentali a differenza ad esempio di un plantare che induce il piede a cambiare il tipo di appoggio e quindi la volta plantare, permettendo così una terapia a termine.

Dobbiamo ancora tener presente che la bocca, a differenza di tutti gli altri distretti corporei, subisce modificazioni anche importanti per cure, estrazioni, capsule, ortodonzia ecc, di tipo statico ed irreversibile, e che la maggioranza dei nostri pazienti sono andato o vanno sistematicamente dal dentista.

Quando prima dicevo lavori incongrui, non necessariamente intendevo lavori fatti male, ma soltanto uno status di anni di terapie.


Faccio un semplice esempio: un bambino che sfortunatamente ha i denti che si cariano facilmente. Questo bambino subirà molteplici trattamenti sui suoi denti, con otturazioni che periodicamente (anni) dovranno essere sostituite, con struttura dentale residua sempre più esigua che costringe il dentista a modellazioni "conservative" nel senso di proteggere l’otturazione e il dente da rotture successive, magari facendo il dente leggermente più basso. Ancora le otturazioni nel tempo si consumano molto di più di un dente e molto di più se fatte "bianche" in composito.
 
Questo determina un abbassamento dell’occlusione, magari uno scivolamento verso un lato, o ancora una retrusione per evitare un forte contatto fra i denti anteriori.

Ecco che qui si innesca la patologia, senza colpa per l’odontoiatra, che ha cercato di fare il suo meglio.

Ecco che qui si introduce un bite per DIAGNOSTICARE e VERIFICARE una ipotesi di correzione della masticazione, che poi, INEVITABILMENTE, dovrà essere applicata sui denti, se non si vuole portare il bite a vita.


Una ultima considerazione.

Il sistema stomatognatico e il sistema arti inferiori sono i due sistemi che permettono normalmente la chiusura di catene muscolari.

La prima chiudendo i denti, la seconda appoggiando i piedi al suolo. Bene, potete confrontare i due sistemi. Se a una persona con una gamba più corta di 4 cm applicate un rialzo di tale entità sotto la suola, questa camminerà quasi senza zoppicare, appena toglierà le scarpe, inevitabilmente, ricomincerà a zoppicare.

Ecco, immaginate che in bocca, da qualche parte, ci sia una gamba corta: senza rialzo la mandibola, inevitabilmente, zoppicherà. Che poi questo rialzo sia un bite, un ponte o ortodonzia poco importa, l’importante è che il dislivello sia compensato. A seconda di cosa si userà, il compenso sarà permanente o temporaneo.

Fonte:


Molto spesso pazienti gnatologici e gli stessi Terapisti della riabilitazione, formulano questa domanda a noi gnatologi. Per cercare di spiegare come normalmente funziona un bite, è necessario capire dove questo opera.
Il bite o splint (con tutte le accezioni del caso) viene inserito fra le arcate dentali, poco importa che sia superiore od inferiore.
Esso è uno strumento rigido che non permette alcun movimento ai denti a cui è agganciato. Inoltre, per la sua morfologia non dovrebbe generare spinte anomale sui denti antagonisti e quindi movimenti ortodontici.
Se questi si generano, sono effetti collaterali da evitare, in quanto la reversibilità del bite è un aspetto imprescindibile della sua terapia.


Spesso se si creano spostamenti dentali (normalmente estrusioni) o dei denti posteriori o peggio di quelli frontali, vengono generate interferenze più gravi della partenza, rendendo ancor più difficile la terapia.
Quindi, già in questo preambolo possiamo notare che il bite non fa terapia sui denti.
Ma allora come funziona? Il bite (morso in inglese) appunto, determina una nuova occlusione fra i denti, cioè, come diciamo noi gnatologi, un nuovo rapporto mandibolo cranico. Per dirla in modo semplice, il bite riposiziona la mandibola in una nuova posizione, cioè in avanti, di lato, in dietro, più aperta ecc. Questo riposizionamento si rende necessario per diversi motivi.
Il primo potrebbe essere per evitare precontatti dannosi, come ad esempio un dente più alto degli altri che crea una grossa interferenza (spesso i denti del giudizio).
Una seconda potrebbe essere per evitare il contatto serrato fra i denti anteriori superiori ed inferiori, che se presente, scatena il riflesso incisale che tira la mandibola indietro nel tentativo di evitare il precontatto (frequente nei morsi coperti e nelle seconde classi II).
Una terza potrebbe essere per chiudere spazi interdentali che obbligano la lingua a sigillarli durante la deglutizione, generando così una deglutizione atipica e un problema gengivale ai denti contigui.
Una quarta potrebbe essere la necessità di ricentrare una mandibola scivolata di lato per una occlusione non corretta, o per la perdita dei denti da quel lato, o ancora per lavorazioni odontoiatriche incongrue.
Una quinta, ancora, potrebbe essere la necessità di praticare una distrazione condilare, ovvero cercare di ricreare uno spazio fisiologico fra condilo e fossa, per permettere al menisco di non essere più compresso e per cercare di ricatturarlo nella posizione fisiologica (tipico di chi ha perso denti posteriori e gli ultimi molari si sono piegati in avanti perdendo altezza (dimensione verticale).
Una sesta opzione potrebbe essere la necessità di ricreare guide dentali perse nei digrignatori per ottenere un duplice effetto: far smettere di digrignare e/o ridurre il consumo dentale nel bruxismo.
Ancora, il bite, potrebbe essere costruito con un insieme di questi fattori per una terapia più complessa. Tutte queste applicazioni non devono prescindere da un corretto equilibrio muscolare, in quanto sono proprio i muscoli contratti in modo asimmetrico che hanno creato queste patologie.
Detto questo prendiamo un paziente tipo. Il sig. Rossi presenta una deviazione della mandibola a destra. Aveva perso 10 anni fa alcuni denti da quel lato che non ha sostituito. Dopo 5 anni, i denti rimasti si sono spostati, piegandosi in avanti e perdendo dimensione verticale: la mandibola si è spostata verso quel lato.
Decide di mettersi i denti e va dal dentista che realizza un ponte in quella posizione, da noi detta abituale. Dopo altri 5 anni compare un click articolare, magari dei dolori in regione scapolare e cervicale, frutto dell’adattamento che è piano piano scivolato in patologia.
Il sig. Rossi va allora dallo gnatologo che realizza un bite (di riposizionamento) che ricentra la mandibola, toglie la compressione articolare, normalizza la muscolatura masticatoria.
Quanto, secondo voi dovrà portare il bite?
  1. fino alla remissione dei sintomi
  2. per 6 mesi dopo la remissione dei sintomi
  3. tutta la vita se non interviene sui denti
  4. solo la notte per due anni

La risposta giusta è ovviamente la "c", in quanto se il problema causativo erano i denti malposizionati a destra, sui quali è anche stato fatto un ponte, l’unica terapia risolutiva sarà rifare il ponte in modo che ricentri la mandibola e ripristini l’altezza mancante.
Se il sig. Rossi non lo farà, si troverà nella situazione che con il bite è a posto, sta bene, mentre quando lo toglie ricade nella patologia. Visto che non si può mangiare sul bite, proprio per la masticazione dovrà toglierlo e proprio in questi momenti si avrà la massima sollecitazione al menisco già malandato.
Dobbiamo tenere ben presente che il bite non modifica le arcate dentali a differenza ad esempio di un plantare che induce il piede a cambiare il tipo di appoggio e quindi la volta plantare, permettendo così una terapia a termine.
Dobbiamo ancora tener presente che la bocca, a differenza di tutti gli altri distretti corporei, subisce modificazioni anche importanti per cure, estrazioni, capsule, ortodonzia ecc, di tipo statico ed irreversibile, e che la maggioranza dei nostri pazienti sono andato o vanno sistematicamente dal dentista.
Quando prima dicevo lavori incongrui, non necessariamente intendevo lavori fatti male, ma soltanto uno status di anni di terapie.

Faccio un semplice esempio: un bambino che sfortunatamente ha i denti che si cariano facilmente. Questo bambino subirà molteplici trattamenti sui suoi denti, con otturazioni che periodicamente (anni) dovranno essere sostituite, con struttura dentale residua sempre più esigua che costringe il dentista a modellazioni "conservative" nel senso di proteggere l’otturazione e il dente da rotture successive, magari facendo il dente leggermente più basso.
Ancora le otturazioni nel tempo si consumano molto di più di un dente e molto di più se fatte "bianche" in composito.
Questo determina un abbassamento dell’occlusione, magari uno scivolamento verso un lato, o ancora una retrusione per evitare un forte contatto fra i denti anteriori.
Ecco che qui si innesca la patologia, senza colpa per l’odontoiatra, che ha cercato di fare il suo meglio.
Ecco che qui si introduce un bite per DIAGNOSTICARE e VERIFICARE una ipotesi di correzione della masticazione, che poi, INEVITABILMENTE, dovrà essere applicata sui denti, se non si vuole portare il bite a vita.
Una ultima considerazione.
Il sistema stomatognatico e il sistema arti inferiori, sono i due sistemi che permettono normalmente la chiusura di catene muscolari.
La prima chiudendo i denti, la seconda appoggiando i piedi al suolo. Bene, potete confrontare i due sistemi. Se a una persona con una gamba più corta di 4 cm applicate un rialzo di tale entità sotto la suola, questa camminerà quasi senza zoppicare, appena toglierà le scarpe, inevitabilmente, ricomincerà a zoppicare.
Ecco, immaginate che in bocca, da qualche parte, ci sia una gamba corta: senza rialzo la mandibola, inevitabilmente, zoppicherà. Che poi questo rialzo sia un bite, un ponte o ortodonzia poco importa, l’importante è che il dislivello sia compensato. A seconda di cosa si userà, il compenso sarà permanente o temporaneo.
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 stessi Terapisti della riabilitazione, formulano questa domanda a noi gnatologi. Per cercare di spiegare come normalmente funziona un bite, è necessario capire dove questo opera.
Il bite o splint (con tutte le accezioni del caso) viene inserito fra le arcate dentali, poco importa che sia superiore od inferiore.
Esso è uno strumento rigido che non permette alcun movimento ai denti a cui è agganciato. Inoltre, per la sua morfologia non dovrebbe generare spinte anomale sui denti antagonisti e quindi movimenti ortodontici.
Se questi si generano, sono effetti collaterali da evitare, in quanto la reversibilità del bite è un aspetto imprescindibile della sua terapia.

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Molto spesso pazienti gnatologici e gli stessi Terapisti della riabilitazione, formulano questa domanda a noi gnatologi. Per cercare di spiegare come normalmente funziona un bite, è necessario capire dove questo opera.
Il bite o splint (con tutte le accezioni del caso) viene inserito fra le arcate dentali, poco importa che sia superiore od inferiore.
Esso è uno strumento rigido che non permette alcun movimento ai denti a cui è agganciato. Inoltre, per la sua morfologia non dovrebbe generare spinte anomale sui denti antagonisti e quindi movimenti ortodontici.
Se questi si generano, sono effetti collaterali da evitare, in quanto la reversibilità del bite è un aspetto imprescindibile della sua terapia.


Spesso se si creano spostamenti dentali (normalmente estrusioni) o dei denti posteriori o peggio di quelli frontali, vengono generate interferenze più gravi della partenza, rendendo ancor più difficile la terapia.
Quindi, già in questo preambolo possiamo notare che il bite non fa terapia sui denti.
Ma allora come funziona? Il bite (morso in inglese) appunto, determina una nuova occlusione fra i denti, cioè, come diciamo noi gnatologi, un nuovo rapporto mandibolo cranico. Per dirla in modo semplice, il bite riposiziona la mandibola in una nuova posizione, cioè in avanti, di lato, in dietro, più aperta ecc. Questo riposizionamento si rende necessario per diversi motivi.
Il primo potrebbe essere per evitare precontatti dannosi, come ad esempio un dente più alto degli altri che crea una grossa interferenza (spesso i denti del giudizio).
Una seconda potrebbe essere per evitare il contatto serrato fra i denti anteriori superiori ed inferiori, che se presente, scatena il riflesso incisale che tira la mandibola indietro nel tentativo di evitare il precontatto (frequente nei morsi coperti e nelle seconde classi II).
Una terza potrebbe essere per chiudere spazi interdentali che obbligano la lingua a sigillarli durante la deglutizione, generando così una deglutizione atipica e un problema gengivale ai denti contigui.
Una quarta potrebbe essere la necessità di ricentrare una mandibola scivolata di lato per una occlusione non corretta, o per la perdita dei denti da quel lato, o ancora per lavorazioni odontoiatriche incongrue.
Una quinta, ancora, potrebbe essere la necessità di praticare una distrazione condilare, ovvero cercare di ricreare uno spazio fisiologico fra condilo e fossa, per permettere al menisco di non essere più compresso e per cercare di ricatturarlo nella posizione fisiologica (tipico di chi ha perso denti posteriori e gli ultimi molari si sono piegati in avanti perdendo altezza (dimensione verticale).
Una sesta opzione potrebbe essere la necessità di ricreare guide dentali perse nei digrignatori per ottenere un duplice effetto: far smettere di digrignare e/o ridurre il consumo dentale nel bruxismo.
Ancora, il bite, potrebbe essere costruito con un insieme di questi fattori per una terapia più complessa. Tutte queste applicazioni non devono prescindere da un corretto equilibrio muscolare, in quanto sono proprio i muscoli contratti in modo asimmetrico che hanno creato queste patologie.
Detto questo prendiamo un paziente tipo. Il sig. Rossi presenta una deviazione della mandibola a destra. Aveva perso 10 anni fa alcuni denti da quel lato che non ha sostituito. Dopo 5 anni, i denti rimasti si sono spostati, piegandosi in avanti e perdendo dimensione verticale: la mandibola si è spostata verso quel lato.
Decide di mettersi i denti e va dal dentista che realizza un ponte in quella posizione, da noi detta abituale. Dopo altri 5 anni compare un click articolare, magari dei dolori in regione scapolare e cervicale, frutto dell’adattamento che è piano piano scivolato in patologia.
Il sig. Rossi va allora dallo gnatologo che realizza un bite (di riposizionamento) che ricentra la mandibola, toglie la compressione articolare, normalizza la muscolatura masticatoria.
Quanto, secondo voi dovrà portare il bite?
  1. fino alla remissione dei sintomi
  2. per 6 mesi dopo la remissione dei sintomi
  3. tutta la vita se non interviene sui denti
  4. solo la notte per due anni

La risposta giusta è ovviamente la "c", in quanto se il problema causativo erano i denti malposizionati a destra, sui quali è anche stato fatto un ponte, l’unica terapia risolutiva sarà rifare il ponte in modo che ricentri la mandibola e ripristini l’altezza mancante.
Se il sig. Rossi non lo farà, si troverà nella situazione che con il bite è a posto, sta bene, mentre quando lo toglie ricade nella patologia. Visto che non si può mangiare sul bite, proprio per la masticazione dovrà toglierlo e proprio in questi momenti si avrà la massima sollecitazione al menisco già malandato.
Dobbiamo tenere ben presente che il bite non modifica le arcate dentali a differenza ad esempio di un plantare che induce il piede a cambiare il tipo di appoggio e quindi la volta plantare, permettendo così una terapia a termine.
Dobbiamo ancora tener presente che la bocca, a differenza di tutti gli altri distretti corporei, subisce modificazioni anche importanti per cure, estrazioni, capsule, ortodonzia ecc, di tipo statico ed irreversibile, e che la maggioranza dei nostri pazienti sono andato o vanno sistematicamente dal dentista.
Quando prima dicevo lavori incongrui, non necessariamente intendevo lavori fatti male, ma soltanto uno status di anni di terapie.

Faccio un semplice esempio: un bambino che sfortunatamente ha i denti che si cariano facilmente. Questo bambino subirà molteplici trattamenti sui suoi denti, con otturazioni che periodicamente (anni) dovranno essere sostituite, con struttura dentale residua sempre più esigua che costringe il dentista a modellazioni "conservative" nel senso di proteggere l’otturazione e il dente da rotture successive, magari facendo il dente leggermente più basso.
Ancora le otturazioni nel tempo si consumano molto di più di un dente e molto di più se fatte "bianche" in composito.
Questo determina un abbassamento dell’occlusione, magari uno scivolamento verso un lato, o ancora una retrusione per evitare un forte contatto fra i denti anteriori.
Ecco che qui si innesca la patologia, senza colpa per l’odontoiatra, che ha cercato di fare il suo meglio.
Ecco che qui si introduce un bite per DIAGNOSTICARE e VERIFICARE una ipotesi di correzione della masticazione, che poi, INEVITABILMENTE, dovrà essere applicata sui denti, se non si vuole portare il bite a vita.
Una ultima considerazione.
Il sistema stomatognatico e il sistema arti inferiori, sono i due sistemi che permettono normalmente la chiusura di catene muscolari.
La prima chiudendo i denti, la seconda appoggiando i piedi al suolo. Bene, potete confrontare i due sistemi. Se a una persona con una gamba più corta di 4 cm applicate un rialzo di tale entità sotto la suola, questa camminerà quasi senza zoppicare, appena toglierà le scarpe, inevitabilmente, ricomincerà a zoppicare.
Ecco, immaginate che in bocca, da qualche parte, ci sia una gamba corta: senza rialzo la mandibola, inevitabilmente, zoppicherà. Che poi questo rialzo sia un bite, un ponte o ortodonzia poco importa, l’importante è che il dislivello sia compensato. A seconda di cosa si userà, il compenso sarà permanente o temporaneo.

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Molto spesso pazienti gnatologici e gli stessi Terapisti della riabilitazione, formulano questa domanda a noi gnatologi. Per cercare di spiegare come normalmente funziona un bite, è necessario capire dove questo opera.
Il bite o splint (con tutte le accezioni del caso) viene inserito fra le arcate dentali, poco importa che sia superiore od inferiore.
Esso è uno strumento rigido che non permette alcun movimento ai denti a cui è agganciato. Inoltre, per la sua morfologia non dovrebbe generare spinte anomale sui denti antagonisti e quindi movimenti ortodontici.
Se questi si generano, sono effetti collaterali da evitare, in quanto la reversibilità del bite è un aspetto imprescindibile della sua terapia.


Spesso se si creano spostamenti dentali (normalmente estrusioni) o dei denti posteriori o peggio di quelli frontali, vengono generate interferenze più gravi della partenza, rendendo ancor più difficile la terapia.
Quindi, già in questo preambolo possiamo notare che il bite non fa terapia sui denti.
Ma allora come funziona? Il bite (morso in inglese) appunto, determina una nuova occlusione fra i denti, cioè, come diciamo noi gnatologi, un nuovo rapporto mandibolo cranico. Per dirla in modo semplice, il bite riposiziona la mandibola in una nuova posizione, cioè in avanti, di lato, in dietro, più aperta ecc. Questo riposizionamento si rende necessario per diversi motivi.
Il primo potrebbe essere per evitare precontatti dannosi, come ad esempio un dente più alto degli altri che crea una grossa interferenza (spesso i denti del giudizio).
Una seconda potrebbe essere per evitare il contatto serrato fra i denti anteriori superiori ed inferiori, che se presente, scatena il riflesso incisale che tira la mandibola indietro nel tentativo di evitare il precontatto (frequente nei morsi coperti e nelle seconde classi II).
Una terza potrebbe essere per chiudere spazi interdentali che obbligano la lingua a sigillarli durante la deglutizione, generando così una deglutizione atipica e un problema gengivale ai denti contigui.
Una quarta potrebbe essere la necessità di ricentrare una mandibola scivolata di lato per una occlusione non corretta, o per la perdita dei denti da quel lato, o ancora per lavorazioni odontoiatriche incongrue.
Una quinta, ancora, potrebbe essere la necessità di praticare una distrazione condilare, ovvero cercare di ricreare uno spazio fisiologico fra condilo e fossa, per permettere al menisco di non essere più compresso e per cercare di ricatturarlo nella posizione fisiologica (tipico di chi ha perso denti posteriori e gli ultimi molari si sono piegati in avanti perdendo altezza (dimensione verticale).
Una sesta opzione potrebbe essere la necessità di ricreare guide dentali perse nei digrignatori per ottenere un duplice effetto: far smettere di digrignare e/o ridurre il consumo dentale nel bruxismo.
Ancora, il bite, potrebbe essere costruito con un insieme di questi fattori per una terapia più complessa. Tutte queste applicazioni non devono prescindere da un corretto equilibrio muscolare, in quanto sono proprio i muscoli contratti in modo asimmetrico che hanno creato queste patologie.
Detto questo prendiamo un paziente tipo. Il sig. Rossi presenta una deviazione della mandibola a destra. Aveva perso 10 anni fa alcuni denti da quel lato che non ha sostituito. Dopo 5 anni, i denti rimasti si sono spostati, piegandosi in avanti e perdendo dimensione verticale: la mandibola si è spostata verso quel lato.
Decide di mettersi i denti e va dal dentista che realizza un ponte in quella posizione, da noi detta abituale. Dopo altri 5 anni compare un click articolare, magari dei dolori in regione scapolare e cervicale, frutto dell’adattamento che è piano piano scivolato in patologia.
Il sig. Rossi va allora dallo gnatologo che realizza un bite (di riposizionamento) che ricentra la mandibola, toglie la compressione articolare, normalizza la muscolatura masticatoria.
Quanto, secondo voi dovrà portare il bite?
  1. fino alla remissione dei sintomi
  2. per 6 mesi dopo la remissione dei sintomi
  3. tutta la vita se non interviene sui denti
  4. solo la notte per due anni

La risposta giusta è ovviamente la "c", in quanto se il problema causativo erano i denti malposizionati a destra, sui quali è anche stato fatto un ponte, l’unica terapia risolutiva sarà rifare il ponte in modo che ricentri la mandibola e ripristini l’altezza mancante.
Se il sig. Rossi non lo farà, si troverà nella situazione che con il bite è a posto, sta bene, mentre quando lo toglie ricade nella patologia. Visto che non si può mangiare sul bite, proprio per la masticazione dovrà toglierlo e proprio in questi momenti si avrà la massima sollecitazione al menisco già malandato.
Dobbiamo tenere ben presente che il bite non modifica le arcate dentali a differenza ad esempio di un plantare che induce il piede a cambiare il tipo di appoggio e quindi la volta plantare, permettendo così una terapia a termine.
Dobbiamo ancora tener presente che la bocca, a differenza di tutti gli altri distretti corporei, subisce modificazioni anche importanti per cure, estrazioni, capsule, ortodonzia ecc, di tipo statico ed irreversibile, e che la maggioranza dei nostri pazienti sono andato o vanno sistematicamente dal dentista.
Quando prima dicevo lavori incongrui, non necessariamente intendevo lavori fatti male, ma soltanto uno status di anni di terapie.

Faccio un semplice esempio: un bambino che sfortunatamente ha i denti che si cariano facilmente. Questo bambino subirà molteplici trattamenti sui suoi denti, con otturazioni che periodicamente (anni) dovranno essere sostituite, con struttura dentale residua sempre più esigua che costringe il dentista a modellazioni "conservative" nel senso di proteggere l’otturazione e il dente da rotture successive, magari facendo il dente leggermente più basso.
Ancora le otturazioni nel tempo si consumano molto di più di un dente e molto di più se fatte "bianche" in composito.
Questo determina un abbassamento dell’occlusione, magari uno scivolamento verso un lato, o ancora una retrusione per evitare un forte contatto fra i denti anteriori.
Ecco che qui si innesca la patologia, senza colpa per l’odontoiatra, che ha cercato di fare il suo meglio.
Ecco che qui si introduce un bite per DIAGNOSTICARE e VERIFICARE una ipotesi di correzione della masticazione, che poi, INEVITABILMENTE, dovrà essere applicata sui denti, se non si vuole portare il bite a vita.
Una ultima considerazione.
Il sistema stomatognatico e il sistema arti inferiori, sono i due sistemi che permettono normalmente la chiusura di catene muscolari.
La prima chiudendo i denti, la seconda appoggiando i piedi al suolo. Bene, potete confrontare i due sistemi. Se a una persona con una gamba più corta di 4 cm applicate un rialzo di tale entità sotto la suola, questa camminerà quasi senza zoppicare, appena toglierà le scarpe, inevitabilmente, ricomincerà a zoppicare.
Ecco, immaginate che in bocca, da qualche parte, ci sia una gamba corta: senza rialzo la mandibola, inevitabilmente, zoppicherà. Che poi questo rialzo sia un bite, un ponte o ortodonzia poco importa, l’importante è che il dislivello sia compensato. A seconda di cosa si userà, il compenso sarà permanente o temporaneo.

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